Mary e lo spirito di mezzanotte Recensione

Enzo d’Alò firma forse la sua opera migliore con Mary e lo spirito di mezzanotte, fiaba animata tutta al femminile, cercando l’universalità in una storia tutta irlandese, dal romanzo di Roddy Doyle. Ecco la nostra recensione del film.

A undici anni, l’irlandese Mary è uno spirito ribelle: nonostante sua madre Scarlett vi si opponga, vorrebbe diventare una grande chef, con la complicità di sua nonna, la combattiva Emer. L’apparizione misteriosa di un’altra donna, Tansey, riuscirà ad allineare tutte le generazioni femminili della famiglia, per riappacificarsi con sogni, aspirazioni… e anche con l’esistenza stessa.

Tratto dal romanzo “La gita di mezzanotte” di Roddy Doyle, Mary e lo spirito di mezzanotte si può considerare sul serio l’opera della piena maturità di Enzo d’Alò: uno dei nomi più attivi della nostra animazione, con in curriculum film pur amati come La freccia azzurra, Momo e soprattutto La gabbianella e il gatto, qui Enzo, che adatta il libro con Dave Ingham, parte dall’opera di uno scrittore celebrato, per costruire un proprio percorso. Un percorso che in questo caso è cinematograficamente molto equilibrato: non abbiamo mai negato la nostra simpatia per lo stile di d’Alò, ma a volte il suo rivolgersi all’infanzia aveva un po’ sovraccaricato le scene, inseguendo suggestioni giocose a dispetto della solidità narrativa. Questo non accade quasi mai in Mary e lo spirito di mezzanotte, che il regista porta al traguardo con le necessarie pause, dando quindi anche alle sue strategie estetiche il tempo per collocarsi al meglio nel fluire del racconto: basti pensare all’efficacia evocativa che hanno alcune sequenze oniriche, com’è consuetudine di d’Alò affidate a collaboratori che impostano uno stile differente dal resto del film. Il lavoro visionario dell’animatrice portoghese Regina Pessoa per l’incubo del cane è notevole, ma non si dimentica nemmeno il modo in cui Marco Zanoni ha tradotto in animazione a matita il tratto grezzo del character designer Peter DeSève.

In un mondo del cinema (e dell’animazione) che celebra sempre più la figura femminile, d’Alò s’immerge nella cultura matriarcale irlandese per seguire ben quattro generazioni, ritoccando la necessità autobiografica dell’opera di Doyle con il messaggio universale. Se ne ottiene un film positivamente ibrido di più sensibilità culturali e cinematografiche: un’eco delle grandi eroine animate nel design dell’americano DeSève; un’attenzione alla potenza evocativa della natura, della dimensione rurale e dell’esoterismo con fantasmi (che normalmente incontriamo più spesso nelle produzioni orientali); un tessuto musicale potentemente europeo, grazie alle musiche di David Rhodes, che dopo La gabbianella e il gatto dona un respiro più internazionale alle sonorità irlandesi più folkloriche. L’ingrediente finale è nella cornice di un corso di cucina e nella celebrazione del cibo come trasmissione culturale: è un tema introdotto nel film, dove la prospettiva gastronomica, alla quale un Italiano tende per natura, abbraccia la tradizione altrui (il piatto che nel film ha una funzione simbolica è il “povero” Colcannon).
Qualche momento viene forse un po’ appesantito da una dolcezza troppo insistita in alcuni dialoghi, ma sono parentesi leziose che non debordano tanto da compromettere il carattere della proposta. La sua realizzazione, attenta al dettaglio degli ambienti e buona nell’animazione 2D dei personaggi, rende Mary e lo spirito di mezzanotte uno spettacolo interessante e sinceramente multiculturale.

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